giovedì 12 gennaio 2017

A CHE PUNTO SIAMO CON LE COMPETENZE DIGITALI?


Il “Piano Nazionale Scuola Digitale” del 27 ottobre 2015 è stato, per la Scuola Italiana, un documento rivoluzionario, che ha dato un forte impulso all’innovazione didattica. Le tecnologie non sono il fulcro delle varie azioni didattiche, ma sono solo un mezzo per facilitare l’acquisizione di vecchie e nuove competenze, tra cui quelle digitali.
Nel corso delle celebrazioni del primo anno di PNSD, presso la Reggia di Caserta, è stato annunciato un investimento di 100 milioni di euro per il rafforzamento delle competenze digitali degli studenti. Il primo passo sarà l’introduzione di 60 ore annuali di coding (cioè il pensiero computazionale che sta alla base della capacità logica di affrontare e risolvere problemi) in tutte le classi della Scuola Primaria. Questo passo è ritenuto indispensabile per avere, tra 10 anni, una popolazione di giovani alfabetizzati sul pensiero computazionale, quello che viene ora definito una nuova forma di pensiero critico. Più volte infatti è stata espressa la preoccupazione, da parte del MIUR, di come ripensare il modello educativo per dare un senso al rapporto tra docente e discente, sperimentando nuovi metodi e nuovi contenuti, per far sì che venga ridotta il più possibile l’incongruenza tra quello che la Scuola offre e quello che la società richiede. Il compito non è facile, anche perché sono spesso proprio i docenti, prima degli alunni, ad aver bisogno di sviluppare le competenze digitali di base. La spinta data dalla formazione in servizio può essere in realtà un’occasione per acquisire competenze necessarie ad affrontare una società che sempre più, anche solo per dialogare con le istituzioni, richiede procedure digitali.
 Purtroppo in Italia il 47% degli adulti è privo delle competenze digitali di base. I 2/3 degli italiani usa regolarmente internet, ma almeno la metà di essi non ha adeguate conoscenze e capacità per scegliere consapevolmente quello che è vero o falso e muoversi nel vasto e ricco mondo del web.
Altro passo fondamentale sarà la costruzione del curriculum di Cittadinanza Digitale, cioè la capacità, una volta acquisite le competenze più tecniche, di capire come usare e come valutare gli strumenti digitali. Il web ci propone una quantità infinita di dati, che però dobbiamo imparare a valutare, per non cadere in un neo-analfabetismo, col rischio di diventare manipolabili.
Il primo dicembre a Bruxelles è stata lanciata la Digital Skills and Jobs Coalition, che prevede di attivare una serie di iniziative per ridurre il gap di competenze digitali in Europa. Tra i rappresentanti per l’Italia abbiamo visto ancora una volta il Prof Bogliolo dell’Università di Urbino, testimonial e autore di successo, in questi anni, di tutte le iniziative ufficiali legate al coding. Tra i partner della “Digital Skill and Jobs Coalition c’è la AgID (Agenzia per l’Italia Digitale) che si occupa di promuovere le competenze digitali per imprese, cittadini e Pubblica Amministrazione e le cui azioni di intervento si basano sulla DAE (Agenda Digitale Europea).
Tra le competenze digitali di base citate dall’AgID è interessante trovare, oltre alla cittadinanza digitale, l’inclusione digitale, cioè l’uguaglianza delle opportunità nell’utilizzo della rete e per lo sviluppo di una cultura dell’innovazione e della creatività. In ambito scolastico siamo abituati a pensare all’inclusione solo per gli studenti con difficoltà certificate. In realtà la tecnologia ci offre mezzi e strumenti che rendono inclusiva qualsiasi tipo di attività didattica, permettendo a chiunque di beneficiarne.
Ma i docenti su cosa devono concentrare la loro azione didattica?  Le parole chiave per le competenze digitali ruotano tutte intorno al problem solving. Si parte da un problema (spesso chiamato compito complesso o compito di realtà), si guidano gli studenti a ricercare notizie per comprendere a fondo il problema, a formulare e progettare ipotesi di soluzioni, a condividerle con gli altri per creare confronto e sinergie di azioni. Queste azioni formano cicli esperienziali che si concatenano fornendo come punti di partenza quelli che nei cicli precedenti sono quelli di arrivo.

Insegnare in questo modo non è semplice e richiede agli insegnanti una consistente formazione su più tematiche: competenze, valutazione, competenze digitali e nuove metodologie di didattica laboratoriale. L’impegno è enorme, ma soprattutto è urgente. L’evoluzione tecnologica e la conseguente evoluzione della società sono rapidissimi e spesso spaventano i docenti che iniziano solo ora ad approcciarsi alla tecnologia. L’introduzione del Registro Elettronico sta svolgendo anche il compito di “aggiornamento forzato”, costringendo anche i docenti più timorosi ad utilizzare gli strumenti digitali. Ma ovviamente non basta e non si può più perdere tempo. In tutta Italia stanno partendo i corsi degli Snodi formativi realizzati con i fondi PON-FSE a cui possono partecipare gli Animatori Digitali, i docenti del Team per l’Innovazione, i Tecnici, gli assistenti Amministrativi, DS, DSGA e 10 docenti selezionati all’interno del Collegio Docenti, ma il dato inquietante è che in molte Scuole è stato difficile trovare 10 docenti interessati alla formazione. Questo è il sintomo di una non completa percezione del cambiamento della società e del mondo del lavoro e di una mancanza di informazione adeguata. Per i docenti che utilizzano i social network, la migliore formazione parte dalla condivisione di esperienze e suggerimenti all’interno dei gruppi Facebook dedicati alla didattica e all’innovazione. E’ quindi sul web, da parte di chi ha superato il primo scoglio delle competenze tecniche di base, che parte un fermento ammirevole, una voglia di imparare che possiamo solo augurarci che, come un positivo contagio, si diffonda il più velocemente possibile.

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